Eroi Olimpici azzurri: Deborah Compagnoni, la regina Olimpionica dello sci alpino

A meno di un mese dai XXIV Giochi Olimpici Invernali di Beijing 2022, Olympics.com fa un tuffo nel passato, ripercorrendo le traiettorie delle protagoniste e dei protagonisti azzurri degli sport d'inverno. Stavolta è il turno di una delle più grandi sciatrici di sempre: Deborah Compagnoni, un nome che in Italia corrisponde, ancora oggi, all’essenza dello sci alpino.

Deborah Compagnoni

Beniamina di una delle stagioni più emozionanti dello sci azzurro, Deborah Compagnoni, negli anni Novanta, è stata protagonista con Alberto Tomba di una delle combo italiane più vittoriose e irripetibili del circo bianco. Nonostante siano passati più di 20 anni dal suo ritiro, la sciatrice lombarda è, a tutt’oggi, una delle sportive più popolari e amate del belpaese, nonchè riferimento tangibile anche per le giovani generazioni di campionesse come Sofia Goggia, Federica Brignone e Elena Curtoni.

Vi raccontiamo l'artefice di una leggenda che, dal 1992 al 1998, nell’arco di tre partecipazioni a cinque cerchi, ha portato i colori azzurri sulla vetta dello sci alpino Olimpico.

"La montagna ha contato tanto per me, sia per il carattere sia per la fortuna di essere nata qua e poter sciare, prendendo questo sport come un gioco. Io alle 2 del pomeriggio, quando tornavo da scuola, andavo a sciare come altri bambini giocano in casa o guardano la televisione. Ero da sola o con mio fratello e si stava fuori tutto il giorno, molto liberi. È stata un’infanzia bellissima. Ancora adesso mi piace stare nei boschi per ore. Io sono credente, ma a quel qualcosa che ti può proteggere ci penso di più quando sono nei boschi. Mi sento felice di essere nata, di avere avuto tanta fortuna, però penso anche che non è molto giusto rispetto a persone che dalla vita non hanno avuto niente"

Debora Compagnoni a Famiglia Cristiana del 28-03-1999.

Giocare a sciare

Deborah Compagnoni nasce nel 1970 a Bormio e cresce a Santa Caterina Valfurva, un luogo d'incanto già di per sé condizione sufficiente per stare a proprio agio con gli sci ai piedi. Tuttavia, come se non bastasse il contorno di boschi, pendii e alta quota, una componente importante della storia di Compagnoni è stata la genetica familiare. Il padre Giorgio era infatti istruttore nella scuola di sci del Parco dello Stelvio, nonché collega di un altro genitore “famoso”, Giorgio Thoeni - papà di Gustavo, altra leggenda dello sci italiano - e proprio grazie a queste due figure, la piccola Deborah si ritrovò sugli sci ad appena due anni e mezzo.

A 17 anni, Compagnoni vinceva già l'oro nello slalom gigante ai Campionati mondiali juniores del 1987, ma appena un anno dopo, quando ancora la sua carriera doveva decollare, subiva il primo di tanti infortuni che avrebbero caratterizzato la sua storia agonistica.

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Campionessa di tenacia

Nel 1988, a 18 anni, si ruppe il ginocchio destro in una gara di discesa libera. Proprio quando era pronta a tornare a gareggiare, dovette sottoporsi a un intervento chirurgico d'urgenza per un'infezione ai reni, con una sequela di conseguenze che le provocarono, tra gli altri, un blocco intestinale con cui rischiò addirittura di morire. Nonostante questa serie di sfortune fisiche, già nel 1989 Compagnoni sarebbe ritornata in pista e avrebbe vinto l’oro in tutte le specialità dei Campionati nazionali: gigante, slalom speciale, supergigante e discesa libera.

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Il primo podio in Coppa del Mondo non poteva che arrivare nella tappa di Santa Caterina Valfurva: la stella di casa si consacrava nel massimo circuito con un secondo posto nello slalom gigante, l’8 dicembre del 1991, protagonista giovanissima di una stagione che si sarebbe rivelata strepitosa e che l’avrebbe portata dritta al primo appuntamento Olimpico della sua carriera: Albertville 1992.

Albertville 1992, l’esperienza emblematica di una carriera

Deborah Compagnoni arriva all’Olimpiade francese a 21 anni, e benchè sia la rookie della rassegna alpina, nei primi due mesi del 1992 non ha quasi mai tolto i piedi dai podi di Coppa del Mondo. Non solo: alla vigilia dell’Olimpiade, nel super-G e nello slalom gigante di Morzine - proprio in Francia - aveva conquistato, rispettivamente, la prima vittoria nel massimo circuito e un secondo posto. Il 18 febbraio avrebbe domato ancora una volta le nevi francesi in quel di Meribel, col pettorale numero 16, e sarebbe diventata per la prima volta campionessa Olimpica, sbancando nel super-G femminile.

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Eppure, il suo sarà un debutto Olimpico dal sapore agrodolce, una caratteristica costante della sua carriera, costellata da tanti infortuni e altrettanti momenti di vittoria, rivincite e caparbietà. A nemmeno 24 ore dalla gioia del primo trionfo a 5 cerchi, una caduta nello slalom gigante le avrebbe nuovamente compromesso i legamenti crociati del ginocchio, mettendola fuori dai giochi per il resto della stagione.

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La stagione d’oro

Assumendo ben presto la consapevolezza delle proprie fragilità fisiche e per preservare il più possibile le ginocchia, Compagnoni si concentrerà nelle specialità tecniche, sugli eventi di slalom e slalom gigante. E nonostante riuscire a portare a termine stagioni intere sia stata una fortuna che il destino non le abbia riservato spessissimo (solo 4 stagioni completate nel suo decennio di attività, ragione principale per cui non è mai riuscita a vincere la Coppa del Mondo generale), la sciatrice lombarda è riuscita a costruire un palmarès impressionante. È salita per 44 volte sul podio del massimo circuito, conquistando ben 16 vittorie (1 in slalom speciale, 2 in supergigante e 13 in slalom gigante) - un record superato, solo in questa stagione, da Federica Brignone.

Nei suoi passaggi Olimpici, Deborah Compagnoni non avrebbe mai disertato un solo appuntamento con l'oro, ipotecando lo slalom gigante col suo nome, tanto ai Giochi di Lillehammer 1994 che a Nagano 1998. I 3 allori l'hanno resa la prima sciatrice alpina italiana a ad aver centrato vittorie in tre diverse edizioni – tra l’altro consecutive - dei Giochi Olimpici. L'argento nello slalom di Nagano è una medaglia che pesa più del metallo, dato che non è stata d’oro per appena sei centesimi di secondo.

La stagione 97-98 è stata l'ultimo affondo - strabiliante - della campionessa: nella tappa statunitense di Coppa del Mondo di Park City, l'azzurra avrebbe vinto lo slalom gigante con un distacco di 3 secondi e 41 dall’austriaca Alexandra Meissnitzer, seconda classificata, e con quasi 4 secondi dalla terza, la norvegese Andrine Flemmen. Sempre in quella stagione e sempre nello slalom gigante, Compagnoni avrebbe inanellato 9 vittorie consecutive, tra Coppa e Mondiali, a sugello di una carriera strepitosa terminata nel 1999, a 29 anni ancora da compiere.

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