Lisa Vittozzi: dal bronzo di PyeongChang 2018 alle speranze di Beijing 2022
Dopo il bronzo conquistato nella staffetta mista di PyeongChang 2018 e 4 medaglie ai Mondiali, Lisa Vittozzi affronta le seconde Olimpiadi Invernali della sua carriera. Olympics.com intervista in esclusiva la 26enne friulana, che guarda con fiducia a Beijing 2022.
Era il 20 febbraio 2018 quando la staffetta mista azzurra conquistò al fotofinish, ai danni della Germania, la medaglia di bronzo alle Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018. A comporre il quartetto del biathlon tricolore formato da Dominik Windisch, Lukas Hofer e Dorothea Wierer c'era anche la debuttante Lisa Vittozzi, che si presentò in prima frazione senza commettere errori nel corso della sua doppia sessione di tiro.
Da quel giorno, la 26enne friulana avrebbe poi collezionato due argenti e un bronzo ai Mondiali (oltre a un altro bronzo già messo in bacheca nel 2015) e una Coppa del Mondo di individuale nel 2019, dopo aver sfiorato nello stesso anno il primato nella classifica generale poi conquistato dalla compagna di nazionale Dorothea Wierer.
In carriera, l'atleta di Sappada ha centrato 28 podi in Coppa del Mondo con 6 vittorie all'attivo. Olympics.com l'ha intervistata in esclusiva, per raccontare la "sua" Beijing 2022.
OC: Ciao Lisa. Come cambia il tuo approccio verso queste Olimpiadi dopo l'esperienza maturata a PyeongChang 2018?
Sono molto più consapevole dei miei mezzi rispetto a 4 anni fa, quando ero molto giovane. Era una partecipazione aspettata, ma rappresentava comunque un sogno. I secondi Giochi sono una conferma e c’è la voglia di fare una medaglia. Nelle prime era tutto un po’ nuovo e andava vissuto come veniva, con qualunque risultato che sarebbe andato bene. Ora è diverso. Non mi focalizzo però tanto sul risultato e voglio godermi gara dopo gara senza cercare una medaglia con esasperazione. Voglio vivere gli eventi con tranquillità.
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OC: A PyeongChang l’Italia vinse due bronzi. Pensi ci siano i margini per migliorare questo risultato?
Abbiamo una bella squadra e diversi atleti che possono ambire a una medaglia. Ci crediamo, perché c’è la possibilità di poterla fare. Negli ultimi anni il livello si è alzato molto e diventa più difficile confermarsi e fare risultato. Sarà difficile, ma i mezzi non mancano.
OC: Com’è la pista Olimpica?
È una pista dura perché si trova in quota. Il meteo, poi, sarà imprevedibile. Il nostro è di fatto uno sport imprevedibile sotto tutti i punti di vista. In Corea fu una settimana difficile perché il freddo aveva condizionato tanti atleti. Ti si congelavano le dita e non sentivi la pressione sul grilletto.
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OC: Ci pensi ancora al secondo posto nella classifica generale del 2019?
Ormai non ci penso più perché è acqua passata. Le occasioni vanno sfruttate quando ti capitano. Io ci ho provato fino alla fine. Avrò sicuramente altre occasioni ma ho accettato il fatto di essere arrivata seconda. Mi ha dato una forza maggiore per affrontare le stagioni successive nonostante momenti di difficoltà. Tutto però passa e si impara anche dagli errori. Tutto quello che ho vissuto come esperienza mi ha fatto crescere e diventare l’atleta che sono adesso, più consapevole e più matura.
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OC: Come e quando ti sei avvicinata al biathlon?
Da piccola facevo tantissimi sport. Abito in un paesino di montagna e tutti i miei amici facevano sci di fondo e snowboard. Ero l’unica che giocava a calcio. D’inverno, ai compleanni, mi capitava di rimanere da sola. Da lì ho iniziato a praticare fondo e poi alla fine sono rimasta solo io. Anche i risultati mi hanno aiutata. Sono sempre stata una che se iniziava qualcosa la faceva con passione e impegno. Poi, a 14-15 anni, ho conosciuto il biathlon. Mi veniva facile sparare e mi sono specializzata in questa disciplina perché era più divertente rispetto al fondo.
OC: Qual è l’avversario più forte che tu abbia mai affrontato?
Lo scorso anno Tiril Eckoff, perché era un gradino sopra tutti. Oggi non saprei, perché nel biathlon cambia tanto in fretta e ogni anno c'è sempre qualcuno sopra agli altri. È il bello del nostro sport.
OC: Tra i vari format di gara, qual è quello che preferisci e perché?
Ho sempre preferito la sprint perché è la gara che mi si addice di più. È relativamente corta, ma allo stesso tempo è una distanza difficile da interpretare. Devi partire e arrivare forte, non la puoi gestire a livello di sforzo. Poi mi piacciono pure l’inseguimento e la staffetta mista.
OC: Perché il biathlon a Pechino sarà un evento da non perdere?
È uno sport che ti dà gioia e dolori a guardarlo, soprattutto se tifi per qualcuno. Ti lascia delle emozioni contrastanti. Fino alla fine non sai mai chi vince e anche questo fattore ti tiene incollato alla televisione, perché non c’è mai nulla di scontato. Per me che lo pratico è divertente, ma penso che anche chi stia dietro a uno schermo si possa divertire.
OC: Cosa ti vorresti portare idealmente in valigia in Cina?
Non mi porterei nessuno dei miei parenti, altrimenti sarei molto vulnerabile. Se potessi mi porterei il materasso di casa in modo da riuscire a dormire bene.