Velasco e Campagna, missione Parigi: incroci del destino e lezioni di vita per i due maestri dello sport italiano

Di Gisella Fava e Benedetto Giardina
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Alessandro Campagna and Julio Velasco - Italy Team
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Un messaggio ti allunga la carriera. Da La Plata a Siracusa, poche righe di testo per connettersi anche a Parigi 2024.

Ma la connessione tra Julio Velasco e Sandro Campagna, al di là delle diverse discipline, comincia da lontano e va oltre il mestiere.

Campioni del mondo entrambi, da tecnici, nel volley e nella pallanuoto. Non una, ma due volte. Eppure, sul podio Olimpico, non sono mai saliti lì, più in alto di tutti.

Ci hanno provato eccome, il demiurgo della Generazione di fenomeni della pallavolo italiana e il guru delle vasche azzurre, da pallanuotista prima - riuscendoci - e da commissario tecnico dopo.

Ci provano ancora a Parigi, dopo decenni di carriera in cui il sogno Olimpico non è mai stato accantonato, anzi. Senza incontrarsi, ancora, perché "loro sono fuori dal villaggio Olimpico", racconta il ct del Settebello a Olympics.com. "Però ci siamo messaggiati".

Non è una questione anagrafica, è una questione di amore per lo sport, per i tanti atleti e le tante atlete cresciuti con i loro insegnamenti.

È un legame forte che i due rivendicano con un obiettivo, detto sottovoce o addirittura evitato a parole: essere ancora una volta lì, su quel podio a cinque cerchi. Stavolta, però, su un gradino diverso.

Velasco e Campagna: i grandi saggi dello sport italiano che vogliono "entrare nella testa" dei loro atleti

La coppia di saggi che non avresti mai detto, così simili e così diversi, ma che da 15 anni sono per davvero in connessione.

Ma facciamo un passo indietro, fino al 2009.

Il Settebello viene da un nono posto a Beijing 2008, ospita i Mondiali in casa e chiude con una sola vittoria: 12-5 alla Macedonia del Nord, poi solo sconfitte, contro USA e Romania nel girone, prima di uscire di scena ai playoff contro la Serbia, che vincerà a Roma.

Sandro Campagna, è appena tornato dalla Grecia, ed è stato chiamato per riportare l'Italia ai vertici. Invece? "Invece ho fatto il peggior risultato nella storia della pallanuoto, undicesimi ai Mondiali di Roma".

Da lì, l'idea: "Ho invitato Velasco ad un convegno di pallanuoto e sono stato tutta la sera a cena con lui. È stato l'arricchimento più bello, cinque anni di università. Quando una persona ti trasmette qualcosa di diverso...".

E il Maestro, nel 2009, dov'era finito? I suoi Fenomeni si erano fermati ad un passo dall'oro Olimpico ad Atlanta 1996, poi è andato a dirigere l'Italvolley femminile per un biennio, prima di riprendere il suo giro del mondo. Cechia, Spagna Iran, il ritorno a casa in Argentina e poi di nuovo Italia.

Nel mezzo di questo tour, l'incrocio con un uomo che come lui, non vive l'oro Olimpico come un'ossessione, ma come un percorso imprevedibile che passa dal corpo, attraverso la testa. E non è un caso che abbiano lavorato entrambi con la stessa psicologa sportiva, Bruna Rossi.

"C'è questo trait d'union di lavorare sulla testa dei giocatori - prosegue Campagna - questo giustifica anche la continuità dei risultati. Perché è facile entrare nei muscoli dei giocatori, devi entrare nella testa".

"È stato l'arricchimento più bello, cinque anni di università. Quando una persona ti trasmette qualcosa di diverso...". Sandro Campagna sul primo incontro con Julio Velasco.

"Imparare mi piace più che insegnare", il mantra di Velasco e il giorno che cambiò la vita di Campagna

Se potesse parlare di psicologia applicata allo sport, Julio Velasco, avrebbe tutto l'occorrente per tenere in piedi una conferenza. Da solo, senza altri relatori.

È da quei temi che nasce il suo successo ed è con quell'approccio che vuole aprire una nuova strada, con le sue azzurre della pallavolo: "Quando uno non riesce, è uno stimolo", spiega l'allenatore dell'Italvolley a Olympics.com. "Deve trovare il modo. Noi non facciamo niente, lasciamo fare alle giocatrici. Sì, chiamiamo i timeout, ma il nostro lavoro è riuscire a far fare loro le cose".

E se chi guida fallisce? "O ha sbagliato nella proposta, perché anche i migliori giocatori della storia hanno avuto difetti che non hanno mai risolto, quindi non si può cercare la perfezione, e a volte uno sbaglia quello che gli chiede, chiedendo cose troppo difficili da cambiare e perdendo tempo. Oppure non ha trovato il modo di arrivare, perché alla fine si tratta di convincere giocatori e giocatrici, di aiutare".

Entrare dentro, appunto. Non nei muscoli, ma nei pensieri di chi poi scenderà in campo per rendere al meglio: "Non è che non capiscono - ribadisce Velasco - è come ballare o suonare la chitarra. Non è che non si capisce, è farlo con il corpo il problema. Quindi va usata una metodologia che faciliti questo per applicarlo nel gioco, che è la parte più difficile".

"Il piacere è quello, come per un professore a scuola, una mamma o un papà, quando i figli imparano perché poi possano fare tutto da soli, autonomi. I figli e i giocatori, perché questo è il ruolo dei genitori dei maestri: rendere autonomi, che loro sappiano fare le cose e non che semplicemente obbediscano".

"A me piace stare con i giovani, mi piace imparare più che insegnare in realtà, per cui continuo sempre a studiare, a guardare gli altri, a rubare qualcosa a qualche collega come facevo agli inizi. Lo faccio tuttora ed è questo che mi mantiene aggiornato". Julio Velasco

Un po' quello che accadde a un giovanissimo Sandro Campagna, sedicenne all'epoca, da talento dell'Ortigia: "Romolo Parodi mi ha trasmesso i valori e l'impegno. La prima volta che sono stato chiamato in nazionale, non sono stato selezionato. Sono tornato a casa, mi ha detto ci sono 13 giocatori più forti di te, andiamo ad allenarci. L'indomani mattina, alle 6:30 prima di andare a scuola, sono andato a nuotare. Avevo 16 anni, questo trasmette la cultura del lavoro, è una base fondamentale per crescere come atleta e come allenatore".

Il primo maestro, seguito poi dal secondo, Ratko Rudic, l'uomo dell'ultimo oro Olimpico del Settebello, con Campagna in acqua a Barcellona 1992: "Mi ha dato questa grande capacità di essere curioso nel conoscere il nostro sport, come migliorarlo dal punto di vista fisico e scientifico, tanti aspetti. Poi prendo anche qualcosa da altri sport, mi ispiro ad altri allenatori".

Proprio come Velasco? Proprio come Velasco, che infatti con le sue giocatrici mantiene un dialogo aperto, cosa che Paola Egonu non ha potuto fare a meno di sottolineare arrivando a Parigi.

"A me piace stare con i giovani - è il pensiero del coach argentino - mi piace imparare più che insegnare in realtà, per cui continuo sempre a studiare, a guardare gli altri, a rubare qualcosa a qualche collega come facevo agli inizi. Lo faccio tuttora ed è questo che mi mantiene aggiornato".

Parigi 2024 nel destino di Campagna e Velasco: un'altra chance per l'oro Olimpico

Guardiamoli, allora, gli altri allenatori. Andiamo a spulciare negli archivi e vediamo chi, oltre a Campagna e Velasco, può vantare due titoli mondiali con l'Italia negli sport di squadra.

Uno è un illustrissimo collega di Campagna ed è Pierluigi Formiconi, storico coach del Setterosa nella pallanuoto femminile. Poi c'è Vittorio Pozzo, il ct della nazionale di calcio del 1934 e 1938. Per il resto, il nulla.

Eppure, i nomi di cui sopra hanno qualcosa che li differenzia dagli attuali tecnici di pallanuoto e pallavolo italiana. Entrambi, in bacheca, hanno un oro Olimpico. Ad Atene 2004, per le pallanuotiste azzurre. A Berlino 1936 - quando il calcio ai Giochi aveva una importanza pari al Mondiale - per gli azzurri del pallone di cuoio.

Quell'oro Olimpico che Velasco e Campagna hanno sfiorato, da tecnici, e che a decenni di distanza si ritrovano ancora ad inseguire.

Senza assilli, però. "Guardo poco al passato - ammette Velasco - è sempre bello essere ai Giochi Olimpici. Sono stato con l'Italia, con l'Argentina, sono stato da giornalista, adesso con la nazionale femminile con cui non avevo mai partecipato, quindi sono molto contento".

E lo è anche il suo omologo dei ragazzi con la calottina, perché non si sta sulla stessa panchina per quasi vent'anni, seppur interrotti da una breve parentesi: "È l'amore che ho per questa squadra. Tra quando ero giocatore, assistente e adesso allenatore, è da 36 anni che sto nel Settebello. Questo aspetto mi dà gioia, amore e passione, quando mi alzo la mattina e devo fare qualcosa per questa squadra, lo faccio con leggerezza. Questo credo che sia la molla, nel giorno in cui mi verrà pesante dirò grazie e arrivederci".

Il tempo per farlo non è certo questo. Ma quando lo farà, Campagna - che ha guidato la nazionale nella partita numero 500 contro la Romania - lo farà con un palmarès straordinario, proprio come Velasco. Una lista di trionfi a cui manca solo un alloro, sfiorato e mancato nel più beffardo dei modi. Ma il destino ha dato a entrambi una nuova chance. A 28 anni da Atlanta 1996 e a 12 anni da Londra 2012, le due finali che rimarranno nella memoria di uno e dell'altro.

Le due finali che a Parigi 2024 proveranno a riscattare, per chiudere i conti con il destino.