Gli atleti rifugiati eritrei Luna Solomon e Habtom Amaniel: come lo sport illumina il cammino verso la pace

Solomon e Amaniel hanno lasciato il loro paese d'origine alla ricerca di una vita migliore, e lo sport è stato una delle guide di questi due viaggi incredibili.

4 minDi Olympics.com
Luna Solomon of the IOC Refugee Team during the 10m Air Rifle Women's event on day one of the Tokyo 2020 Olympic Games at Asaka Shooting Range on July 24, 2021 in Asaka, Saitama, Japan. (Photo by Kevin C. Cox/Getty Images)
(2021 Getty Images)

Quando Habtom Amaniel e Luna Solomon cercavano di scappare dalla violenza e dalla repressione della loro terra d'origine, l'Eritrea, praticare sport era una delle cose più lontane dai loro pensieri.

"Me ne sono andata perché non c'è libertà laggiù", ha spiegato Solomon nella serie originale di Olympic Channel, dopo essere fuggita, nel 2015.

Poco dopo, si è fatta strada in Svizzera dove ha incontrato Niccolò Campriani, tripla medaglia d'oro (e una d’argento) Olimpica italiana nel tiro a segno, che sarebbe poi diventato il suo allenatore.

In questo modo, lo sport - e il sogno di competere alle Olimpiadi – ha cominciato a farsi spazio nella sua vita e ha contribuito a cambiare il suo mondo: "Il tiro a segno mi porta pace", ha detto a Yahoo News.

Il 2015 è stato un anno importante anche per Habtom: è stato quando ha incontrato Catherine Colomb, ex atleta e ora allenatrice a Gland, in Svizzera, che lo ha convinto a dedicarsi al suo talento per la corsa.

Una decisione che lo ha aiutato a mettersi alle spalle la reclusione, l'ingiustizia e l'esilio.

In occasione della Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, diamo uno sguardo più da vicino alle storie ispiratrici dei rifugiati e a come lo sport li ha aiutati a trovare la pace.

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Due atleti rifugiati che hanno fatto molta strada

Il viaggio di Habtom verso la Svizzera è stato un calvario. Fuggito dall'Eritrea devastata dalla guerra, spesso a piedi, attraverso il deserto del Sudan e della Libia, lo specialista dei 1.500 metri ha trascorso giorni su una barca nella pericolosa traversata del Mediterraneo verso l'Italia.

Da lì, il rifugiato si è diretto in Svizzera, dove ha trovato lavoro come pittore e decoratore. Il tempo libero lo passava ad affinare la sua corsa. "Qui, in Svizzera ho avuto le possibilità che non avevo nel mio paese. Qui posso fare quello che voglio e come voglio, nessuno mi dice 'non puoi fare questo, devi fare quello'", ha detto a Reuters.

"Ecco perché ho deciso di iniziare a fare sport contemporaneamente al mio lavoro".

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"È partito senza soldi, non aveva niente, ha dovuto attraversare il deserto, non aveva acqua. Ha dovuto capire come attraversare il mare", ha detto il suo allenatore Cyrille Gindre.

"Penso che questo sia il motivo per cui ha così tanta forza di volontà. Come molte persone che hanno vissuto in quei luoghi, tutto sembra più luminoso e questo è ciò che vediamo nel suo viaggio".

Se è vero che Habtom non ce l'ha fatta ad entrare nella squadra finale dei rifugiati Olimpici del CIO delle Olimpiadi di Tokyo nel 2021, a 31 anni, ha ancora tanta corsa nelle gambe.

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Luna Solomon: dalla fuga da una guerra al più grande palcoscenico dello sport

Il viaggio di Solomon è un altro racconto straordinario: "La prima volta che ho partecipato a una gara di tiro sportivo è stata in Svizzera. Prima di allora, non sapevo nulla di tiro" ha detto a Olympics.com.

Dopo aver dedicato la sua vita allo sport, Campriani ha selezionato l'atleta di origine africana per il gruppo di rifugiati che avrebbero provato a qualificarsi per le Olimpiadi di Tokyo. Luna ha premiato quella fiducia raggiungendo il punteggio minimo Olimpico, ed è stata selezionata per la squadra Olimpica dei rifugiati che avrebbe gareggiato in Giappone.

Questa impresa è ancora più sorprendente se si tiene conto del fatto che è rimasta incinta ed è diventata mamma durante il progetto.

Il rinvio di un anno di Tokyo 2020 a causa della pandemia le ha dato l'opportunità di recuperare, e alla fine si è classificata 50esima nella qualificazione della carabina ad aria compressa 10m femminile, ai Giochi.

Con la consapevolezza di cosa significhi essere un rifugiato in questi tempi, il suo desiderio dopo quell'esaltante corsa ai Giochi di Tokyo era di poter aiutare gli altri a vivere la stessa esperienza da lei vissuta.

"Vorrei unirmi a Nicco per aiutare altri immigrati come me... aiutarli a essere coraggiosi attraverso lo sport, come lo sono stata io con il tiro sportivo".

E ora punta gli occhi anche su Parigi 2024, dicendo a Olympics.com: "Continuerò con lo sport fino a Parigi 2024. Voglio partecipare a quei Giochi Olimpici".

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