Sport e parità di genere: i momenti chiave di un lungo percorso verso l'uguaglianza · Parte 2

Di Rory Jiwani
14 min|
Megan Rapinoe (L), Billie Jean King (C) and Simone Biles (R) 

L'uguaglianza di genere è una priorità assoluta del Movimento Olimpico moderno.

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) afferma infatti che "lo sport è una delle piattaforme più potenti per promuovere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione di donne e ragazze".

Per la prima volta nella storia dei Giochi Olimpici, a Parigi 2024 ci sarà la piena parità sul campo di gioco.

In questa seconda parte, continua la carrellata di Olympics.com dei momenti tra i più importanti della storia che hanno fatto da apripista alla parità di genere nello sport.

Clicca QUI per leggere la prima parte (1-5).

6. El Moutawakel apre una nuova strada per le donne arabe

Lo sport rimane un'attività minoritaria per le donne nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.

Le atlete dei Paesi a maggioranza musulmana hanno affrontato persecuzioni e abusi per aver gareggiato senza coprire tutto il corpo.

Sebbene il Marocco sia stato più tollerante di alcuni suoi vicini quando si tratta di donne nello sport, ben pochi avrebbero potuto prevedere una medaglia d'oro per Nawal El Moutawakel ai Giochi Olimpici di Los Angeles 1984.

La studentessa della Iowa State University aveva raggiunto le semifinali dei 400 m ostacoli ai Campionati del mondo del 1983.

Nonostante la morte del padre, il suo più grande sostenitore, l'unica donna della squadra marocchina a Los Angeles ha ridotto di mezzo secondo il suo record personale per conquistare la prima medaglia d'oro Olimpica della sua Nazione.

Alcuni infortuni l'hanno costretta a ritirarsi nel 1987, ma ha continuato il suo attivismo per l'uguaglianza di genere grazie a ruoli nel CIO e World Athletics.

"Sono orgogliosa che le cose siano migliorate. Il cambiamento è lento ma c'è. Quindi continueremo a lottare". - Nawal El Moutawakel parla ad AIPS

Oltre a diventare un'eroina in Marocco, i successi di El Moutawakel sono stati riconosciuti in tutto il mondo arabo.

Ha ispirato numerose atlete musulmane, in particolare l'algerina Hassiba Boulmerka e Ghada Shouaa, Campionessa siriana di eptathlon ad Atlanta 1996.

Boulmerka ha partecipato a Seul 1988, ma si è fatta conoscere diventando la prima donna africana Campionessa del mondo di atletica nei 1500 m, nel 1991.

Ma se il suo successo è stato celebrato da gran parte del popolo algerino, Boulmerka è stata criticata da gruppi estremisti musulmani per aver mostrato troppo il suo corpo durante le gare.

Ha ricevuto minacce di morte e ha dovuto trasferirsi in Europa per allenarsi.

Nonostante non pochi problemi e cambiamenti, Boulmerka ha conquistato l'oro a Barcellona 1992, diventando la prima campionessa Olimpica algerina ed esultando tirando pugni in aria mentre tagliava il traguardo.

"[La mia esultanza] Era un simbolo di vittoria, di sfida. Era per dire: 'Ce l'ho fatta! Ho vinto! E ora, se mi uccidete, sarà troppo tardi. Ho fatto la storia!'." - Hassiba Boulmerka parla alla BBC del suo trionfo a Barcellona 1992

7. Simone Biles, dalla parte delle donne e della salute mentale

Poche donne hanno occupato le colonne dei giornali di solito dedicate alle star maschili nelle competizioni Olimpiche come fece Fanny Blankers-Koen quando fu protagonista di Londra 1948,

Il "10 perfetto" di Nadia Comaneci a Montreal 1976 fu ancora un'eccezione, ma fu un'altra ginnasta artistica, 40 anni dopo, a sconvolgere il mondo a cinque cerchi.

Simone Biles è stata semplicemente dominante a Rio 2016 vincendo quattro ori, tra cui il titolo all around, e una medaglia di bronzo.

Ma quasi altrettanto importante è stata la risposta della minuta statunitense ai suoi successi, citando il suo desiderio di costruire la propria eredità come donna piuttosto che essere paragonata agli uomini.

"Non sono il prossimo Usain Bolt o Michael Phelps, sono la prima Simone Biles".

Dopo Rio, Biles ha continuato a superare i limiti del suo sport e di ciò che le donne possono fare.

Ha avuto uno scontro aperto con la Federazione Internazionale di Ginnastica (FIG) per la sua nuova e audace uscita dalla trave, composta da un doppio tuck e da un doppio twist.

La FIG le ha assegnato un punteggio 'H' di 0.8 punti, appena un decimo superiore a quello di un doppio tuck con torsione completa, ma, secondo Biles e molti esperti di ginnastica, la torsione extra avrebbe dovuto valere tre decimi in più per una valutazione 'J' e un punto pieno.

La FIG avrebbe successivamente risposto dicendo che la sua Commissione Tecnica Femminile aveva considerato, con quel punteggio, "il rischio, la sicurezza delle ginnaste e la direzione tecnica della disciplina".

La reazione di Biles sarebbe passata via NBC: "Continuano a chiederci di inserire più difficoltà e di aumentare il lato artistico, di presentare più movimenti difficili. Così lo facciamo, e poi non ce lo riconoscono, e non credo che sia corretto. È così ingiusto... perché gioco in un campionato a sé stante? Questo non significa che non mi si possa riconoscere il merito di quello che faccio".

La superstar mondiale è determinata a far sentire la sua voce e ha parlato del body shaming che ha ricevuto nel corso degli anni, tra cui il bullismo per le sue braccia muscolose.

Biles ha dichiarato a People: "Mentirei se vi dicessi che quello che la gente dice del mio corpo, di come appaio in un vestito, in un body, in un costume da bagno o anche in un pantalone casual, a volte non mi abbia fatto sentire male".

"Ho finito di competere contro gli standard di bellezza e la cultura tossica degli hater e dei troll quando gli altri sentono che le loro aspettative non sono soddisfatte... perché nessuno dovrebbe dire a te o a me come dovrebbe o non dovrebbe essere la bellezza". - Simone Biles

La sei volte medaglia d'oro mondiale all around è diventata anche una sostenitrice della salute mentale, dopo essersi ritirata da diverse finali ai Giochi di Tokyo 2020 per dare priorità alla propria stabilità psicologica: si trovò ad affrontare quelle che i ginnasti chiamano 'twisties', improvvisi sensi di vuoto che colpiscono gli atleti durante una prova sportiva, in cui il corpo e la mente non sono più sincronizzati.

"Sto facendo uno sforzo maggiore per prendermi cura della mia mente e del mio corpo, il che include andare in terapia una volta alla settimana, di solito il giovedì è il mio giorno terapeutico e cerco di prendermi un giorno per me stessa", ha detto Biles a Olympics.com alla vigilia del suo ritorno sulla scena mondiale nel 2023. "È davvero importante che mi prenda cura della mia mente tanto quanto del mio corpo, soprattutto in questo sport e al di fuori di esso".

8. La battaglia per la parità salariale nel calcio

La squadra nazionale femminile degli Stati Uniti d'America (USWNT) ha dominato la scena calcistica negli ultimi trent'anni con quattro titoli Olimpici e quattro trionfi in Coppa del mondo.

Tuttavia, le calciatrici sono sempre state pagate meno della squadra nazionale maschile, che non ha goduto di un successo minimamente paragonabile al loro.

In vista di Rio 2016, cinque membri della USWNT - Megan Rapinoe, Hope Solo, Carli Lloyd, Alex Morgan e Becky Sauerbrunn - hanno presentato una denuncia alla Equal Employment Opportunity Commission del Paese per discriminazione salariale.

Un nuovo contratto collettivo di lavoro l'anno successivo non è servito ad alleviare la situazione e la squadra ha intentato una causa contro l'US Soccer prima della Coppa del mondo femminile del 2019, sostenendo che si trattava di "discriminazione di genere istituzionalizzata".

Mentre vincevano nuovamente il titolo iridato, la tifoseria cantava e srotolava striscioni con la scritta "parità di retribuzione!", ma il caso è stato archiviato da un giudice federale a maggio, con le giocatrici che hanno deciso di appellarsi a questa decisione e di non mollare un centimetro nella lotta all'uguaglianza.

Nel 2022, dopo una battaglia quasi decennale, le calciatrici statunitensi hanno vinto la loro storica causa e si sono assicurate la parità di retribuzione con la USMNT e un risarcimento di 24 milioni di dollari.

"Penso che guarderemo indietro a questo momento e penseremo: 'Wow, che incredibile svolta nella storia del calcio statunitense, che ha cambiato il gioco e il mondo, davvero, per sempre'", ha detto l'ex attaccante della USWNT Rapinoe.

Il successo negli USA nell'ottenere la parità di retribuzione è stato anche merito del fatto che anche altre Nazioni si sono unite alla causa.

La Norvegia è stata la prima ad annunciare che le giocatrici della nazionale femminile avrebbero guadagnato quanto gli uomini, seguita da Irlanda del Nord, Scozia, Australia, Nuova Zelanda e Brasile.

Nel 2022, la Spagna, vincitrice della Coppa del mondo, annunciò il suo storico accordo, che copriva cinque stagioni a partire dal patto iniziale e che prevedeva la fornitura di risorse uguali per viaggi, vitto e alloggio per la squadra nazionale.

Nel 2023, il Galles ha raggiunto un accordo con il proprio organo di governo per consentire la parità di retribuzione tra le squadre nazionali maschili e femminili. La mossa prevedeva che gli uomini subissero una riduzione di stipendio del 25%, per consentire alle donne di ricevere un aumento del 25%.

Mentre l'Inghilterra è stata tra coloro che hanno annunciato l'uguaglianza sui compensi per le partite e le gare al di fuori dei tornei più importanti nel 2020, le Campionesse d'Europa hanno dovuto aspettare la vittoria di un importante trofeo e di aver raggiunto la finale di Coppa del mondo, per mettere nero su bianco un accordo con la FA sui bonus dei tornei e sui compensi derivanti dalle attività commerciali per porre fine alla disputa in corso.

Per ora, tuttavia, solo il Lewes, club della FA Women's Championship, rispetta la parità di retribuzione tra la squadra maschile e quella femminile a livello nazionale.

Anche il calcio sta facendo passi avanti verso il gender gap in campo: Yuki Nagasato, membro della squadra giapponese femminile medaglia d'argento a Londra 2012, è diventata la prima donna a far parte di una squadra di calcio maschile nel suo Paese.

L'attaccante degli Houston Dash si è unita all'Hayabusa Eleven della Lega della Prefettura di Kanagawa in prestito nel 2020 per un breve periodo fino all'inizio della stagione NWSL 2021.

Nagasato ha citato Rapinoe come ispirazione: "È stato molto stimolante ascoltare il messaggio sociale sulla disuguaglianza di genere e altri messaggi che Rapinoe ha cercato di trasmettere durante la Coppa del mondo. Così ho pensato a come poter fare lo stesso".

"Voglio diffondere nelle ragazze che giocano a calcio con i ragazzi l'idea che le donne possono unirsi alla squadra maschile e sfidare se stesse".

9. Mischiarsi con gli uomini sul ghiaccio

Dopo aver vinto l'oro Olimpico a Salt Lake City 2002, Hayley Wickenheiser è stata nominata MVP del torneo e ha consolidato la sua posizione di migliore giocatrice di hockey su ghiaccio della sua generazione.

Un anno dopo, è entrata nella storia diventando la prima donna non portiere a giocare in un campionato maschile.

Nel 2003 Wickenheiser ha giocato a tempo pieno con l'Halamat, formazione di terza divisione finlandese, segnando due gol e facendo 10 assist in 23 partite, contribuendo alla promozione della squadra.

In seguito, ha giocato per l'Eskilstuna Linden nella terza divisione maschile svedese.

Dopo essersi ritirata dal ghiaccio nel 2017 con quattro medaglie d'oro Olimpiche, ha continuato a rompere gli schemi diventando, nel 2018, assistente del direttore dello sviluppo dei giocatori dei Toronto Maple Leafs.

Wickenheiser, che è stata anche membro della Commissione atleti del CIO, è una delle voci più importanti del Canada quando si tratta di donne nello sport.

"Nessuno pensa due volte alle donne nello sport, giusto? 'Certo che una ragazza può giocare', diciamo. Ma perché c'è il bisogno di dirlo? Non vedo l'ora che arrivi il giorno in cui non ci sarà più questa necessità. Le atlete possono giocare. Tutte le atlete. Indipendentemente da qualsiasi altra cosa che non sia il loro desiderio di giocare". - Hayley Wickenheiser ha dichiarato a The Kit.

Kaillie Humphries ha vinto l'oro nel bob a due femminile per il Canada a Vancouver 2010 e Sochi 2014, ma non le è bastato.

Mesi dopo il suo secondo trionfo Olimpico, la Federazione internazionale di bob e skeleton ha aperto al bob a quattro a equipaggi misti.

Nel novembre 2014, Humphries ha guidato una squadra mista al bronzo nei Campionati canadesi di bob a quattro per qualificarsi alle gare internazionali.

Più tardi, nello stesso mese, lei e la rivale di sempre Elena Meyers Taylor hanno partecipato alla North American Cup e si sono classificate rispettivamente seconda e terza a Calgary.

Poi, nel gennaio 2016, Humphries ha guidato un team tutto al femminile in una gara di Coppa del mondo di bob a quattro maschile, ma il loro svantaggio di peso le ha viste arrivare ultime.

Questo risultato non importò a Humphries, che aveva già dimostrato di essere una dei più grandi piloti - uomini o donne - nella storia del suo sport.

La 38enne gareggia ora per gli Stati Uniti d'America e ha svolto un ruolo chiave nel successo dell'inclusione del monobob a Beijing 2022, per poi andare a vincere l'oro proprio al debutto dell'evento nel programma a cinque cerchi.

10. Il surf pioniere della parità salariale

Nel settembre 2018, la World Surf League ha annunciato che le donne avrebbero ricevuto gli stessi premi in denaro degli uomini.

La decisione è stata presa in risposta alle forti pressioni esercitate da atlete atleti del calibro della sette volte Campionessa del mondo Layne Beachley, che ha dovuto svolgere un lavoro part-time mentre vinceva eventi di surf in tutto il mondo.

"Diciannove anni di tour mi hanno fruttato un totale di 550.000 dollari in premi", ha dichiarato la surfista australiana al Guardian nel 2017. "È toccato alla mia generazione sfidare lo status quo, spesso richiedendoci di fare enormi sacrifici e sopportare circostanze inaccettabili che nessun surfista professionista attuale dovrà mai sperimentare: dormire nelle sacche per le tavole nei luoghi delle gare perché non potevamo permetterci un alloggio adeguato; vendere premi come le biciclette per permetterci la prossima destinazione; fare l'autostop sulla North Shore delle Hawaii per raggiungere l'evento successivo; comprare una dozzina di paia di Levi's 501 negli USA per rivenderli in Francia con un profitto spettacolare; e naturalmente il nostro motto preferito, coniato dai ragazzi: "T**he waves are sht so send the girls out".*

Stephanie Gilmore, compagna di squadra di Beachley, ha dichiarato alla ABC nel 2016: "In fin dei conti, viaggiamo negli stessi posti, ci mettiamo lo stesso impegno, la stessa passione e lo stesso tempo, ci alleniamo allo stesso modo e dobbiamo considerarlo alla pari".

In passato il surf ha sofferto di un'immagine sessista: un'altra australiana, Rebecca Woods, ha dichiarato di essere stata abbandonata dai suoi sponsor perché non aveva un aspetto da modella o non indossava un bikini.

"Non sentivo di volermi spogliare per diventare più famosa", ha detto Woods alla ABC.

Il clamore per l'uguaglianza salariale ha raggiunto il picco quando è stata pubblicata questa foto dopo l'evento Ballito Pro Junior Series in Sudafrica nel giugno 2018.

La foto mostra l'indonesiano Rio Waida con un assegno di 8.000 rand e la surfista di casa, la sudafricana Zoe Steyn, con in mano un assegno pari alla metà della somma del consegnata al collega uomo.

Il conseguente furore scatenatosi sui social media ha aumentato la pressione sulle autorità del surf e la WSL ha fatto il suo annuncio due mesi dopo.

L'otto volte Campionessa del mondo Gilmore è stata una dei sostenitori della parità di retribuzione e ha dichiarato a Vogue: "Negli ultimi due anni ho iniziato a parlarne più apertamente, a fare domande e a sedermi con la WSL per dire: 'Perché non abbiamo la parità di retribuzione?' Sembra una cosa così facile da risolvere".

"La WSL ha fatto molto per le donne in tanti modi, e tutte le ragazze del tour dicevano: 'Siamo così grate per tutto quello che hanno già fatto', e non volevano lamentarsi. È una cosa tipicamente femminile, è radicata in noi l'idea di accontentarsi: 'Oh, va bene così, stiamo già facendo così bene', invece di lottare per ottenere di più".

Ora Gilmore è una sostenitrice della parità salariale nello sport e non solo.

"Avevamo appena annunciato la parità di retribuzione. E mi sono resa conto che i titoli mondiali sono fantastici, ma il significato di ciò che questo traguardo rappresentava era ancora più importante. È stata tosta." - Stephanie Gilmore a Instyle