Federico Pellegrino: “A Pechino vogliamo dare nuove gioie all’Italia”
Il 32enne valdostano è il fondista italiano più vincente della storia della Coppa del Mondo. Medaglia d’argento Olimpica a PyeongChang 2018, lo sprint è il suo regno, dove ha vinto la Sfera di specialità nel nel 2016 e 2021. Il sogno? Ripetersi a 32 anni a Beijing 2022: in vista dell'evento, in programma martedì 8 febbraio (dalle ore 11:50 italiane), leggete la sua intervista esclusiva a Olympics.com!
Federico Pellegrino è pronto per le Olimpiadi di Beijing 2022. Novità rispetto a PyeongChang 2018? Il matrimonio a giugno con la sua compagna sprinter Greta Laurent, la “donna della sua vita” che gli sta dando quella tranquillità che serve per poter ambire ancora al massimo. A 32 anni, il fondista valdostano è l'italiano più vincente di sempre in Coppa (27 podi con 14 vittorie, che si aggiungono alle 5 medaglie Mondiali) e sa che deve andare oltre ogni limite per essere competitivo con Klaebo, Jouve e Taugbøl e gli altri sprinter più giovani.
A Olympics.com spiega in esclusiva come pensa di riuscirci qui sotto
Olympics.com. Ciao Chicco. Cosa significa aver vinto l’anno scorso la Coppa del Mondo sprint per la seconda volta?
FP: Un grande motivo d'orgoglio perché riuscirci in un anno pandemico presupponeva il fatto di dover gestire tanti altri aspetti che, in passato, non c’erano. D'altra parte, però, questa pandemia ha fatto sì che non partecipassero alla maggioranza delle gare di Coppa del Mondo molti atleti top, e questo ha inciso anche sull’esito finale perché, a carte scoperte, il più forte sprinter rimane sempre Klaebo, uno che sta vincendo tutto da anni.
O: Sei comunque il fondista italiano che ha vinto più gare in Coppa del Mondo, c'è già da essere orgogliosi della tua carriera.
FP: Essere sul pezzo per quasi 13 stagioni in Coppa, con sempre almeno una vittoria o un podio, è una cosa che mi fa molto piacere perché vuol dire che sono riuscito sempre a rendere al 100%. E anche il fatto di restare protagonista nello sprint alla mia età non era scontato: ma del resto sono fatto così, preferisco concentrarmi su una cosa e farla bene.
O: Affrontiamo l'argomento Olimpico: questa è una stagione particolare e tu arrivi a Pechino con al collo la medaglia d'argento vinta a PyeongChyang. Con Klaebo si lotterà ancora solo per il secondo posto?
FP: Non voglio sembrare troppo ambizioso o addirittura superbo, ma io credo di potermi giocare il podio, anche perché l'anno scorso in tecnica libera ho avuto belle sensazioni. A 32 anni restare competitivi con i 25enni non è facile ma mi giocherò le mie carte puntando a una medaglia e chissà, vediamo quello che verrà.
O: Ti esprimi meglio in tecnica libera?
FP: Non dimentico che la difficoltà, la particolarità e la bellezza del nostro sport è che include due tecniche molto diverse tra di loro, e riuscire a dimostrare, a me stesso in primis, una competitività di alto livello in entrambe è importante. Ma riuscire a vincere la medaglia in tecnica classica e anche libera, è una grande cosa.
O: Dopo tanti anni hai cambiato preparazione, è in funzione dell'Olimpiade?
FP: No. L'anno scorso è stata una stagione tormentata col DT che si è dimesso dopo i Mondiali di Obersdorf, da dove siamo rientrati in anticipo. Col mio compagno sprinter Francesco De Fabiani abbiamo voltato pagina: ci siamo aggregati a un gruppo russo seguito dall’allenatore tedesco, Markus Kramer, e con dentro Sergej Ustjugov, mio antico rivale e amico. La preparazione è stata in Italia, Croazia, Austria e Germania, molto diversa da quelle vecchie.
O: Un’esperienza positiva?
FP: Sì, proprio una bella esperienza, con diversi aspetti che prima non avevamo preso in considerazione. Tra l'altro, a detta dei norvegesi questo format sarà il futuro, perché consente più libertà. Team internazionali con diversi atleti come in una società o un club, come nel ciclismo: poi quando ci sono i grandi appuntamenti internazionali, come Mondiali e Olimpiadi, si passerebbe nelle rispettive squadre nazionali con un DT che fa la tattica.
O: Che ingredienti ci vogliono per vincere nel fondo e nello sprint in particolare.
FP: All'inizio devi passare per una fase di spensieratezza, in cui non "pensi" troppo e in quel modo scopri in maniera naturale quali sono i tuoi punti di forza. E la voglia di vincere, naturalmente, non deve mancare. Dopodiché, personalmente io ho individuato i punti dove c'era più margine di miglioramento per rinforzarli. Allargo i miei orizzonti leggendo le biografie sportive di grandi atleti di qualsiasi sport, è un'occasione in più per approfondire un determinato tema.
O: E poi c'è tua moglie Greta, che fa il tuo lavoro, è un aiuto?
FP: Ci siamo sposati a giugno, è la donna della mia vita e fa la sprinter come me. È fondamentale perché vive anche lei la quotidianità in base all'attività sportiva: dal cibo a tutto il resto, è la preparazione a dettare i ritmi. Conta molto come vivi tutta la giornata, non solo le tre ore di allenamento. Anche il riposo, e devi saper ottimizzare lo stress.
O: C'è un aspetto che ti piace meno del tuo sport?
FP: Mi piace tantissimo quello che faccio. Ho avuto la fortuna di avere degli allenatori che mi hanno insegnato a prendermi delle responsabilità, ad amare e apprezzare lo sport: faccio tutto col sorriso, non c'è niente nella mia quotidianità che faccia controvoglia. Però, più vado avanti e più la mia presenza sui social network non mi soddisfa. A volte preferisco stare fuori dal mondo virtuale perché lo vivo come un peso, anche se mi spiace perché so che scontento i tifosi e anche le aziende che mi supportano. Poi, quando ci scappa un risultato mi rifaccio vivo, abbiate fiducia!
O: È vero che eri una promessa anche nel calcio?
FP: In realtà no (ride). I polmoni c'erano i "piedi" meno e, visto che giocavo davanti, non ero abbastanza dotato. Sono arrivato fino alla rappresentativa regionale della Val d'Aosta, poi però visto che ero anche nel Comitato regionale del fondo ho dovuto fare una scelta e alla fine non ho avuto dubbi, ho scelto gli sci stretti.
O: Quali altri sport ti piacciono?
FP: Sono super appassionato di tutti gli sport. D'estate faccio, come tutti i fondisti, skiroll anche se non mi piace troppo, in Italia è difficile trovare strade dedicate poco trafficate, come accade in Norvegia. Amo la F1, il tennis, il calcio e il ciclismo.
O: C'è un altro sportivo che ti che ti ispira?
FP: Sono juventino e il mio idolo da ragazzino era Alex Del Piero. Quest'anno, però, ho avuto la soddisfazione di veder esplodere Marcell Jacobs a Tokyo 2020, che seguivo da anni e che aveva un grandissimo potenziale inespresso. Tra l'altro è come me nel Gruppo sportivo delle Fiamme Oro, soddisfazione doppia! Ci siamo messaggiati e spero di poterlo conoscere di persona presto.
O: Ma quindi queste le incredibili Olimpiadi di Tokyo per i colori italiani ti gasano in vista dei Giochi cinesi?
FP: Assolutamente sì. E non solo me, anche i colleghi del “ghiaccio” sono tutti motivatissimi per far vedere che ci siamo anche noi e che lo sport italiano può ancora regalare tante soddisfazioni al paese: aspettiamo le Olimpiadi con ansia.
O: Come vivi la pressione del grande evento?
FP: Non ho problemi. Ho capito che se faccio bene le cose non ho paura di niente. Mi piace alzare l'asticella e provare a dare il 101% in ogni occasione: cerco sempre di trovare dentro di me le motivazioni e le energie giuste, e questo vale per ogni gara, da quella piccola di paese alle Olimpiadi.
O: L'Italia ha una tradizione importante nel fondo che, però, negli ultimi anni si è un po' persa: come mai?
FP: Ci sono riflessioni in atto. Posso dire che per quanto riguarda me, l'esperienza che stiamo facendo col nuovo gruppo di allenamento, aiutati dal terapista e dal tecnico che è sempre con noi durante l'estate, può essere d'aiuto per provare a mettere in discussione un sistema che non deve per forza essere integrato nel sistema dei gruppi sportivi militari.
O: Ultima cosa, hai uno slogan che ti carica?
FP: Quando ero giovane il mio allenatore di club prima delle gare mi diceva: “Rispetto per tutti, paura di nessuno”. L'ho fatto mio e ancora adesso è il faro che mi guida.