Il ragazzo della Val di Fiemme che sconfisse i giganti: Nones, primo oro non scandinavo nello sci di fondo

Ai Giochi Olimpici Invernali di Grenoble 1968, un trentino di 27 anni rubò la scena (e l'oro) ai soliti imprendibili degli sci stretti. Svezia, Norvegia, Finlandia e Russia, fino a quel momento patrie naturali del fondo e dei suoi campioni, assistettero all'impresa di Franco Nones, il primo a rompere il monopolio nordico direttamente dal sud delle Alpi.  

6 minDi Gisella Fava
Nones_Fisi

Lo sci di fondo è una disciplina in cui l’Italia ha costruito una propria identità un passo alla volta, partendo da assoluto outsider negli anni 60 e disseminando risultati emozionanti lungo più di 50 anni, sia nell’individuale che nelle staffette; nel femminile con Manuela di Centa e Stefania Belmondo, Olimpioniche tra le più titolate d'Italia, fino ad arrivare a Chicco Pellegrino, ultimo solo in ordine di tempo nell'albo d'oro maschile.

Tuttavia, per trovare il momento zero del fondo italiano, quello in cui l’Italia ascende definitivamente al firmamento dei massimi livelli, bisogna spingersi fino a Grenoble 1968 e all’impresa solitaria ed eroica di Francesco Nones.

Da tutti conosciuto come Franco, il 27enne della Val di Fiemme portò di prepotenza i colori italiani nella distesa di bandiere scandinave e sovietiche, che fino ad allora tappezzava la passerella dei successi internazionali dello sci di fondo.

(2012 Getty Images)

A Grenoble, Nones sarebbe diventato il primo fondista della storia, né scandinavo né sovietico, a dominare un podio del nordico, nonché il primo italiano a vincere una medaglia Olimpica nella disciplina. Ma soprattutto, sarebbe diventato uno dei padri di un movimento sportivo che avrebbe messo radici nel territorio italiano grazie anche alla sua lungimiranza e passione.

Se oggi, guardando all’albo d’oro degli sport Olimpici invernali, lo sci nordico è la disciplina che, in misura maggiore, ha inciso per quantità di podi per l’Italia (36 su 124 medaglie), lo si deve anche al decisivo contributo del trentino.

Fare a gara con il treno, in bici

Figlio del sindaco contadino della piccola comunità montana di Castello di Fiemme, Franco comincia a lavorare in falegnameria sin da ragazzino, e a fare su e giù per la valle in bicicletta. Al ritorno dal lavoro sfida il trenino che risale il crinale, e di fatto il suo esordio agonistico sarà in bici, al campionato regionale. Ma il suo attrezzo prediletto sono gli sci di legno costruitigli dai nonni: a 19 anni, nel 1960, vince il campionato juniores nella staffetta ed è campione italiano CSI, il biglietto da visita per entrare nelle fiamme gialle e nella nazionale dello sci di fondo.

Piccolo di statura, con una sciata potente ma dal minimo dispendio energetico, alla scuola alpina di Predazzo viene subito notato da Umberto Macor, suo primo CT, che lo presenta al suo futuro mentore: Bengt Herman Nilsson; uno svedese, ovvero un tecnico abilitato nel regno dei mostri sacri, saggiamente portato in Italia da un altro personaggio storico del fondo Italiano, Vittorio Strumolo, un commercialista milanese diventato direttore tecnico della nazionale di sci nordico per passione.

Con Nilsson, Nones inizierà la sua vita svedese parallela, con lunghi soggiorni scandinavi, per cercare di assimilare il più possibile, per induzione, i segreti dell’habitat naturale dei vari Sixten Jernberg, Veikko Hakulinen e Hallgeir Brenden. In ritiro a Valadalen, in un centro del Touring Club locale perso nel nulla e con la stazione più vicina a 60 km, ogni anno (da novembre a gennaio), per 13 anni, si calerà completamente nell’atmosfera, nella neve e nelle fatiche di chi nasceva con gli sci ai piedi.

(2012 Getty Images)

Innsbruck 1964 e i Campionati del mondo

Il grande salto internazionale arriva nel 1964, ai Giochi Invernali di Innsbruck. A 23 anni, è il più giovane dei fondisti di quella edizione. Il 10º posto conquistato nella 15 km lo tiene a meno di un minuto dal vincitore, il grande Eero Mantyranta, sul podio della consuetudine con un norvegese (Harald Groenningen) e uno svedese (Igor Vorontijikin). Nella staffetta 4x10 km, con Giuseppe Steiner, Marcello De Dorigo, Giulio De Florian, arriverà 5º, con grande soddisfazione.

Negli anni successivi si cimenterà nelle grandi classiche scandinave, accorciando sempre più la distanza dal podio: quarto nella maratona di Holmenkollen, terzo a Lahti, mimetizzandosi tra le vittorie degli scandinavi e vincendo a sua volta a Kuopio e Rovaniemi. Ma il culmine arriverà ai Mondiali del 1966 a Oslo quando, con la staffetta, salirà sul podio insieme a Gianfranco Stella, Giulio De Florian e Franco Manfroi, lasciando senza medaglia gli svedesi (quarti), campioni Olimpici e mondiali in carica.

Nella 30 km individuale, la scalata fino al sesto posto: il suo è ancora l’unico nome “esotico" dal sud delle Alpi, in una gara il cui podio schiera il primo e il secondo finlandesi (Mantyranta e Kalevi Laurila) e un russo, Walter Demel.

Essere i primi dei non nordici costituiva di per sé un primato.

(2020 Getty Images)

La giornata perfetta per la fine di un’era: Grenoble 1968

L’Olimpiade francese si materializza il 7 febbraio 1968 a Autrans, con una giornata di sole, - 7 gradi, neve fredda e farinosa: un insieme di variabili care a Nones, proprio nel giorno della 30 km.

In testa sin dai 500 m, al 10º km l'azzurro ha già 30 secondi su Mantyranta e 34 su Odd Martinsen (oro nella staffetta di Oslo 1966). Sa soffrire (ai 20 km il finlandese accorcerà fino a 4 secondi) ma rimarrà lì davanti, vedendo cadere gli dei: a 6 km dall'arrivo Mantyranta scivola a + 1'17".

Alle 9.07 di quella mattina di febbraio, Nones taglia il traguardo più di 50 secondi prima del secondo, Martinsen, mettendo il punto a un’epoca e dando vita a un’era in cui il fondo apriva le sue porte al sud del Baltico. L’allestimento perfetto si completava con il 5º posto di Giulietto De Florian, prendendo dai giganti anche l’eccezionalità di piazzare ben due connazionali in top 5.

Non solo l’impresa Olimpica: l’impulso al movimento italiano

Dopo Grenoble, Nones partecipò a Sapporo 1972, ma nel frattempo si dedicò strenuamente allo sviluppo del fondo in Italia, promuovendo le gare nazionali, come la Marcialonga (di cui fu tra i padrini della prima edizione, nel 1971, arrivando secondo), il Trofeo Topolino, e impegnandosi per la presenza dell’Italia nelle tappe del circuito d’élite, come per i tre Mondiali fiemmesi del 1991, 2003 e 2013.

Lasciò quindi l’attività agonistica ma non lo sci di fondo, diventando imprenditore nel campo dell’attrezzatura da sci insieme alla moglie Inger Berneholm, conosciuta in Svezia qualche mese prima della partenza per Grenoble, sempre in prima linea per diffondere la sua passione, in attesa del grande appuntamento di Milano Cortina 2026 e del ritorno nella sua valle del fondo Olimpico.

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