Stefano Ghisolfi: “Competere ai Giochi Olimpici è il mio sogno”
Mancano ormai meno di due mesi ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, e tanti atleti e atlete di tutto il mondo stanno ancora cercando la tanto ambita qualificazione a cinque cerchi.
A Shanghai si è tenuta la prima delle due tappe delle Olympic Qualifier Series, dove i rappresentanti degli sport urbani (arrampicata sportiva, breaking, BMX freestyle e skateboard) si sono affrontati in un contesto elettrizzante per guadagnare gli ultimi punti in palio per andare a Parigi.
La seconda tappa si svolgerà a Budapest dal 20 al 23 giugno e sarà l’ultima occasione per gli atleti e le atlete di questi quattro sport di ottenere una quota Olimpica e coronare il sogno a cinque cerchi.
Stefano Ghisolfi è uno dei tanti azzurri ancora in cerca di qualificazione.
“Non sono riuscito ad andare ai Giochi Olimpici di Tokyo, quindi competere ai Giochi di Parigi ora è il mio sogno,” ha detto.
“I Giochi Olimpici sono LA competizione per me, quindi voglio esserci, sarebbe fantastico!”
In occasione dell’OQS di Shanghai l'azzurro ha raccontato a Olympics.com la sua passione per l’arrampicata sportiva e l’arrampicata su roccia, i suoi allenamenti e il suo stile di vita zen.
Poiché i Comitati Olimpici Nazionali (NOC) hanno l'autorità esclusiva per la rappresentanza dei rispettivi Paesi ai Giochi Olimpici, la partecipazione degli atleti ai Giochi di Parigi dipende dalla selezione del proprio NOC dei rappresentanti nella delegazione a Parigi 2024. Clicca qui per consultare il sistema di qualificazione ufficiale per ogni sport.
Stefano Ghisolfi tra arrampicata sportiva e arrampicata su roccia
Arrampicarsi significa libertà per Stefano Ghisolfi.
Ma l’arrampicata non è stato il suo primo amore. Il 31enne di Torino racconta di aver iniziato a praticare mountain bike prima di appassionarsi allo sport che pratica oggi.
“Ero un corridore [di mountain bike] quando avevo 6 anni. Poi, a 11 anni, dopo una gara in bici, alcuni miei amici mi hanno fatto provare l’arrampicata e me ne sono innamorato.”
La sua passione lo ha poi portato ad Arco, in provincia di Trento, dove si dedica non solo all’arrampicata sportiva indoor ma anche alla falesia.
“La cosa migliore dell’arrampicata su roccia è che puoi fare quello che vuoi lassù, sei libero,” ha detto Ghisolfi.
“È anche nella sua natura, è molto diverso dai luoghi delle competizioni che sono in città.”
L'adrenalina delle gare
Stefano Ghisolfi ha iniziato a praticare l’arrampicata sportiva in modo competitivo e ha fatto il suo debutto nel circuito IFSC nel 2007, senza mai smettere di arrampicarsi anche all’aperto, su roccia.
Le sue capacità di scalare si riflettono sia sull’arrampicata all’aperto che sulla parete artificiale, soprattutto nel lead, e non ci è voluto molto prima che vincesse la sua prima medaglia in Coppa del mondo.
Ma ci sono differenze nell’affrontare le due discipline?
“In realtà l’approccio è simile, così come la formazione. Soprattutto per quanto riguarda il lead,” a detta del climber piemontese.
“Quindi mi concentro prevalentemente sull’allenamento per le gare di arrampicata sportiva, che poi trasferisco a quella su roccia.”
“Anche se amo l’arrampicata su roccia, la cosa migliore di quella sportiva è l’adrenalina che hai, perché devi essere lì in quel momento, davanti a una grande folla, in uno stadio. Gli ambienti sono abbastanza diversi, ma mi piacciono entrambi.”
L'importanza della forza mentale nell'arrampicata sportiva
L’arrampicata sportiva è uno sport che non perdona e in genere un errore può mettere fine alla gara.
Soprattutto nella specialità del lead, in cui gli atleti dimostrano sorprendenti livelli di forza e resistenza, l'aspetto mentale è probabilmente altrettanto importante quanto l’abilità fisica.
Ciò significa che per Ghisolfi non essere in grado di controllare le emozioni durante una scalata non è un’opzione.
“Il lato mentale penso sia la cosa più importante perché, anche se sei l’atleta più forte del mondo, un calo di concentrazione porterà a un errore e tutto sarà rovinato,” ha detto.
“Sono un po’ zen. Non mi arrabbio mai anche se una gara va male,” ha detto Ghisolfi. “Mi focalizzo solo su una cosa alla volta. Cerco di allenarmi, concentrarmi e prendere le cose come accadono.”
Questa sembra una qualità naturale per l’arrampicatore azzurro.
“Sono fortunato, non ho un allenamento specifico per la mente. Penso che arrivi con l’esperienza, con le competizioni e con anni di dedizione.”
Nei suoi 20 anni di carriera, Ghisolfi è diventato uno dei migliori scalatori al mondo.
È noto per il suo atteggiamento impavido nell’affrontare le scalate più difficili del mondo e per la sua costanza nonostante la natura impegnativa di questo sport.
“Uno dei segreti della mia longevità nell’arrampicata è non infortunarmi!” ha detto sorridendo.
“L’altro è che non ho mai perso la motivazione perché ho una passione molto forte per questo sport. Cerco sempre di imparare e migliorare e lo faccio perché mi piace, e questo è il mio vero segreto.”
“Certamente non è stato un percorso facile, perché ho fatto dei sacrifici. Ma se ti piace quello che fai, è più facile fare questi sacrifici. Adoro arrampicarmi, quindi i sacrifici non mi pesano.”
Stefano Ghisolfi e la roccia
A oggi, Ghisolfi ha scalato alcune delle pareti più impegnative del mondo come Perfecto Mundo a Margalef, in Spagna; Change a Flatanger, in Norvegia; Bibliographie a Céuse, in Francia.
L’anno scorso ha intrapreso la sua più grande sfida fino a oggi: la scalata Excalibur ad Arco, la più difficile in Italia.
Il 31enne ha invitato i migliori al mondo a provare la via con lui, tra cui il Pluricampione mondiale di arrampicata sportiva Adam Ondra e la medaglia di bronzo Olimpica Jakob Schubert, e l’ha completata con successo al primo tentativo.