Canottaggio Olimpico, Ironman e ciclismo professionistico: tutte le versioni di Cameron Wurf, super atleta a quasi 40 anni
Il 39enne corridore della INEOS Grenadiers si sta sfidando i suoi limiti in più discipline. Il suo segreto? "Cambiare sport così tante volte mi mi mantiene fresco. Non ho tempo di pensare all'età", ha detto a Olympics.com.
Superare i limiti negli sport di resistenza sembra essere la missione di Cameron Wurf.
Dopo aver partecipato ad Atene 2004 nel canottaggio, l'australiano è passato al ciclismo su strada professionistico, correndo al fianco di alcuni dei migliori corridori della generazione precedente, tra cui vincitori di Grand Tour come Ivan Basso e Vincenzo Nibali.
All'età di 30 anni, il tasmaniano ha messo da parte i remi per avventurarsi nelle impegnative distanze del triathlon firmato Ironman, una delle competizioni più estenuanti al mondo.
Dopo aver vinto alcune gare e aver partecipato agli iconici Campionati del mondo di Kona, nelle Hawaii, Wurf ha ritenuto che riprendere la sua carriera di ciclista su strada potesse migliorare la sua preparazione per l'Ironman. Così, nelle ultime tre stagioni ha corso part-time con la squadra INEOS Grenadiers, al fianco di campioni Olimpici del calibro di Geraint Thomas e Tom Pidcock.
Ora che si avvicina ai 40 anni, Wurf si diverte ancora con lunghe e sfidanti sessioni di allenamento.
Spesso lo ritroviamo cimentarsi in una lunga corsa dopo una gara ciclistica, come la mezza maratona dopo la Parigi-Roubaix di quest'anno.
Ma dove trova la resistenza per competere contro atleti che a volte hanno la metà dei suoi anni? "Non ho tempo di pensare all'età", ha confessato sorridendo durante un'intervista a Olympics.com.
"Dicono che per gli atleti dai 35 ai 45 anni, la cosa più difficile da tenere in forma è il cervello. Per quanto mi riguarda, aver cambiato sport così tante volte, mi mentiene fresco. Non posso certo preoccuparmi di essere troppo vecchio, perché sono concentrato sulla voglia di migliorare".
Cameron Wurf: background sportivo a tutto campo
Cameron è cresciuto a Lord Howe Island, un paradiso faunistico nel Mare di Tasman, a circa 600 km a est di Sydney.
Questa piccola isola, circondata da acque cristalline, era perfetta per praticare sport all'aperto. Con appena 300 abitanti e poche cose da fare nel villaggio, non era raro che un bambino di cinque anni giocasse con bambini più grandi.
Da piccolo, Wurf passava molto tempo in acqua, andava regolarmente a scuola in bicicletta e, naturalmente, correva molto.
"Mi ci è voluto molto tempo per scoprire il triathlon, ma non è una coincidenza che alla fine abbia trovato la mia strada, perché è un po' come sono cresciuto", ha ammesso.
Quando è tornato in Tasmania per le scuole superiori, era difficile per lui non praticare uno sport in cui non avesse un talento naturale: "Al liceo ho praticato tutti gli sport possibili, in inverno il calcio, il football australiano e l'atletica".
"Ho sempre corso con le moto da cross e poi d'estate facevo canottaggio, nuoto e giocavo a tennis, ovviamente a golf, surf e facevo il bagnino. Ho fatto di tutto", ha aggiunto il 39enne.
Ispirato dai Giochi Olimpici di Sydney 2000
In gioventù, Wurf aveva dimostrato talento nel golf ("a 10 anni riuscivo a giocare con un handicap di otto") e nel calcio ("al liceo ero sempre nella rappresentativa statale") e avrebbe potuto intraprendere una carriera in entrambi gli sport.
Poi, da adolescente, i Giochi Olimpici di Sydney 2000 sbarcarono nel suo Paese. "Ho assistito a molti eventi dal vivo e questo mi ha spinto a voler andare alle Olimpiadi", ricorda.
"Credo che lo sport in cui ero più bravo, e che era uno sport Olimpico, fosse il canottaggio, ed è per questo che ho scelto di concentrarmi su quello".
Fin da giovane ha iniziato a rappresentare l'Australia nel quattro senza e ha fatto parte della squadra vincente che ha conquistato l'oro ai Campionati del mondo di canottaggio U23 nel 2003, a Belgrado.
L'anno successivo ha coronato il suo sogno Olimpico gareggiando nel due di coppia pesi leggeri maschile ad Atene, classificandosi al 16° posto.
L'amore per il ciclismo
Poi è arrivato il momento del capitolo successivo della sua carriera: "Nessuna delle mie imprese sportive è mai stata pianificata", ricorda Wurf.
Nel 2006, l'australiano si trovava per caso al rinomato centro di ricerca sulle alte prestazioni sportive MAPEI, vicino a Varese, in Italia, con la squadra nazionale di canottaggio: "Avevo una tendinite al polso e non potevo remare, così la squadra nazionale di ciclismo mi ha prestato un turbo trainer mentre ero lì", rivela.
Affascinato dall'osservazione degli allenamenti degli altri ciclisti professionisti, Wurf ha deciso di cambiare sport: "Sono diventato sempre più dipendente dal ciclismo. Quell'anno mi sono ripreso e ho partecipato anche ai Campionati del mondo di canottaggio, arrivando quarto, ma avevo già preso la mia decisione".
L'ormai ex canottiere è diventato presto professionista, e nel 2011 è entrato a far parte del World Tour, il massimo livello del ciclismo su strada.
Quando il collega australiano Cadel Evans lo ha riportato al laboratorio MAPEI, i suoi risultati impressionanti nei test fisiologici - ha persino battuto un record stabilito dal campione Olimpico Fabian Cancellara - hanno attirato l'attenzione del direttore del centro Aldo Sassi.
Il suo nome nel frattempo sarebbe arrivato alle orecchie di Roberto Amadio, manager della squadra Liquigas-Cannondale, che gli ha offerto un contratto.
Wurf ebbe la possibilità di correre con alcuni dei più grandi nomi dello sport di allora, tra cui Basso, Nibali, Elia Viviani e un giovane Peter Sagan: "Era una squadra straordinaria", ricorda.
"Non ho mai avuto problemi ad allenarmi a quel livello. Anzi, sono sempre stato uno dei migliori. Ma gareggiare è stato un po' più impegnativo per me. Non sono cresciuto nel ciclismo, quindi non ho avuto quell'istinto naturale. E ho faticato a imparare a sfruttare le mie capacità, la mia fisiologia nelle gare".
La scoperta del triathlon Ironman: una svolta naturale
Pedalare in mezzo al vento e fare fatica, come implicava il suo ruolo di gregario, non soddisfaceva le ambizioni di Wurf.
Così, quando il suo contratto stava per scadere, nel 2014, l'australiano ha preso la decisione di abbandonare il ciclismo - e lo sport professionistico - per trasferirsi negli Stati Uniti, cercare un "lavoro normale" e iniziare una carriera nella finanza, il campo in cui si è laureato all'università.
Ma una nuova porta si è aperta quando Cannondale gli ha offerto l'opportunità di rappresentarli come brand ambassador.
"Nell'ambito di questo ruolo, ho partecipato a un paio di triathlon. Il primo è stato un mezzo Ironman", ricorda il 39enne.
"Mi sono divertito molto e poi mi hanno incoraggiato a fare un Ironman completo. Alla fine mi è piaciuto e poi ovviamente ho avuto l'opportunità di andare alle Hawaii anche quell'anno e partecipare a Kona".
Il suo debutto nell'iconica gara non è stato dei più memorabili, poiché si stava riprendendo da una frattura al piede, ma il fatto di trovarsi sulla Big Island ha acceso in lui "un po' di scintille".
Wurf si era ispirato alle imprese del collega australiano Greg Welch, che aveva vinto alle Hawaii nel 1994, e era fiducioso sulla possibilità di essere competitivo sulla distanza più lunga.
"Venivo dal canottaggio e dal ciclismo ai massimi livelli, era naturale che volessi essere ai massimi livelli nel triathlon. E per me la meta era Kona. Quindi l'unica opzione era l'Ironman", ha spiegato.
Il veterano australiano ha dimostrato di avere un talento naturale anche nella nuova scommessa e nel 2017 all'Ironman Wales ha vinto il suo primo titolo nel circuito.
Da allora ha ottenuto altri 10 piazzamenti sul podio, raggiungendo la cima in altre tre occasioni.
Ha dichiarato: "Credo che risalga alle mie radici da ragazzino, che girava dappertutto in bicicletta e nuotava e si trovava su un'isola e nuotava e correva, camminava e correva e qualsiasi altra cosa... e probabilmente mi rende naturalmente, sai, adatto per fare gli sport che sto facendo ora".
Conciliare ciclismo e Ironman
Tuttavia, il ciclismo professionistico non era un capitolo chiuso.
Tutto è iniziato con una telefonata di Tim Kerrison, l'allenatore di Chris Froome: "Ha sentito che stavo pensando di tornare a praticare questo sport e mi ha chiesto di andare ad allenarmi con Chris per un paio di settimane. Ed è andata molto bene", ricorda il 39enne.
Wurf ha poi firmato un contratto con il Team INEOS Grenardiers, che si è offerto di sostenerlo nella sua carriera di triathlon, mentre lui avrebbe potuto utilizzare le corse in bicicletta per prepararsi alle gare Ironman.
In breve tempo è diventato il "Chief Morale Officer" della squadra. "Sicuramente sono un po' una novità nel team", ammette.
"Quando arrivo a una gara, tutti vogliono parlare solo del mio nuoto, della mia corsa o delle cose che ho in programma. Faccio investimenti e ho un gruppo di amici diverso... Credo di avere una vita e un background lontani dalla maggior parte dei ciclisti che praticano questo sport da sempre".
Ha assistito all'ascesa del campione Olimpico di MTB Tom Pidcock fin dalla sua prima vittoria in carriera, e il loro legame è ben documentato sui social media: "La sua ragazza, Bethany, fa da babysitter a nostro figlio e abbiamo trascorso un bel po' di tempo insieme", ha rivelato.
"Credo che Tom rispetti il fatto che io stia cercando di praticare un altro sport. Credo che lo rispetti un po' più degli altri perché fa la stessa cosa. Ma, come ha detto, lui deve solo salire su una bicicletta diversa, mentre io devo correre e nuotare".
"Mi sostiene davvero in quello che faccio e cerca di aiutarmi e di darmi tutti i consigli possibili. Ed è un ottimo compagno di allenamento per me".
Cameron Wurf: le sfide di resistenza più incredibili
Correre una mezza maratona dopo una Parigi-Roubaix potrebbe sembrare estremo, ma non per l'australiano.
"Indossare le scarpe è stata la parte più difficile della mia corsa", ha raccontato.
"Una volta iniziato a correre, è stato abbastanza comodo. Non ho guardato l'orologio nemmeno una volta. Non avevo idea di quanto stessi andando veloce. Mi sono detto: 'Mi rilasserò e mi godrò questa corsa'. A dire il vero, avrei corso molto di più, ma si è fatto buio".
Qualche anno fa, Wurf si è unito a un altro corridore australiano, Richie Porte, nella sfida dell'Everest sul Col de la Madone, che prevedeva 8.000 metri di salita e 12-13 ore di corsa. In un'occasione, sono partiti per una sessione di 250 km e hanno finito per pedalare per 400 km.
"Cerco costantemente di fare le cose che mi spaventano, quelle per cui sono nervoso nel momento in cui dico a qualcuno che le farò, perché non so se ce la farò", ha detto Wurf.
La fatica, per lui, è più una sfida mentale che fisica: "Una volta che sei stanco, è come quando fai un Grand Tour. Sei già stanco... non puoi superare la stanchezza. Il tuo corpo continuerà ad andare avanti finché lo alimenterai. Finché lo si idrata, continuerà a muoversi".
Wurf compirà 40 anni il 3 agosto, condividendo il suo compleanno con Tom Brady.
La leggenda della NFL ha vinto il suo ultimo Super Bowl all'età di 45 anni ed emularlo è un'altra grande sfida: "Ci sono così tanti i giovani che stanno dettando gli standard in tutti gli sport. Sarebbe bello essere uno dei vecchi che può stracciare il copione e dimostrare che, sì, anche i vecchi possono farlo".
Un altro obiettivo della carriera sarebbe vincere i Campionati del mondo Ironman dopo essersi piazzato tra i primi 10 nel 2018 e nel 2019.
"Credo ancora di poterlo fare un giorno", ha detto.
"Vedremo quanto durerà, ma sicuramente non andrà oltre i 45 anni. Ma si tratta dei Giochi Olimpici di Los Angeles (2028). Quindi, sai, è un buon indicatore. Chissà cosa potrebbe accadere da qui ad allora. Potrei tornare nel canottaggio, magari fare un'altra Olimpiade nel canottaggio!".