Qui, ora... e oltre: Julio Velasco traccia la strada per un'Italvolley ancora più grande

Di Benedetto Giardina
7 min|
Julio Velasco abbraccia Caterina Bosetti dopo la vittoria della finale Olimpica di pallavolo femminile a Parigi 2024
Foto di 2024 Getty Images

Qui e ora. Con un oro in mano, con un gruppo più unito che mai, con la storia della pallavolo che porta ancora la sua firma.

Ma Julio Velasco, con l'impresa dell'Italvolley femminile a Parigi 2024, ha posto il limite ben oltre il "qui" e "ora", quel mantra che ha guidato le azzurre verso la cima dell'Olimpo.

C'è un futuro radioso, c'è un presente da godersi in ogni singolo istante e non può che ribadirlo lui, l'uomo che dal passato non si è mai lasciato influenzare. Al massimo, lo fa guardando le vecchie foto: "Trent'anni fa avevo i capelli colorati - ha scherzato ai microfoni dopo il successo in semifinale - ero un'altra persona".

Niente paragoni, niente parallelismi, ma soprattutto, niente ossessioni. Se c'è una strada che il Maestro ha tracciato per tutte e per tutti, è quella del guardare avanti, sempre: "L’importante è la palla dopo". Lo ha detto alle sue ragazze e lo continua a ribadire.

"Uno dei pregi di questo gruppo è la capacità di cambiare e di accettare le novità. Le abitudini sono le cose più difficili da cambiare, avevano l’abitudine di dire ‘mia’ ad un errore e l’hanno tolta quasi subito. Ma questo è un gruppo speciale, altrimenti non avrebbe vinto VNL e Olimpiadi nello stesso anno. Ho cercato di incentivarle, di far sì che fossero propositive, senza paura dell’errore".

Perché non c'è da aver paura con una squadra al fianco pronta a ripartire e con un tecnico che a 72 anni ha la forza di guardare avanti, sempre e comunque. Con lui o senza più lui alla guida.

"Pensare a Los Angeles 2028 ora è troppo. Forse è il momento di smettere... non lo so. Non so cosa farò. L'unica cosa che so è che la prossima settimana nessuno mi troverà al telefono".

L'oro mancante che non ha mai tolto la pace a Julio Velasco: "Non era qualcosa da raggiungere per forza" · Pallavolo

Glielo chiedono sempre, del passato. È inevitabile, che sia così, perché nella pallavolo italiana c'è un pre-Velasco e un post-Velasco.

Basta guardare quello che ha vinto, sulla panchina azzurra: Mondiali, Europei, World League... e un argento Olimpico, nel 1996, prima del trionfo parigino.

Ma dopo 28 anni, la corsa all'oro a tutti i costi non fa per lui. E non fa bene a nessuno. "Non ho mai vissuto la mancanza dell’oro Olimpico come qualcosa da raggiungere per forza, proprio perché ho questa filosofia di vita".

La finale di Atlanta 1996, spesso raccontata come un'occasione mancata, è stata tutt'altro per l'argentino: "Ho vissuto come un’ingiustizia che quell’argento non fosse stato valorizzato come tale. Scherzando, dicevo che la programmazione per la nazionale maschile dovrebbe essere perdere tutte le partite da qui a Los Angeles, così nessuno più chiede l’oro…".

Stessa cosa vale per le donne, che a Parigi 2024 arrivavano da una situazione per nulla semplice, prima del suo arrivo: "Avendo quattro mesi davanti, ho pensato a vedere quanto potessi migliorare questa squadra". È migliorata al punto da vincere il primo oro Olimpico di sempre del volley azzurro, "in un modo incredibile, perdendo solo un set, credo sia un record storico. Ma poteva non andare così".

"Quanti favoriti hanno vinto l’oro? E quanti non favoriti hanno vinto? Detto questo, non ho mai pensato che la nazionale femminile dovesse prendersi la rivincita con l’oro Olimpico".

Neanche lui, se è per questo, come ha poi ribadito alla RAI da nuovo campione a cinque cerchi: "Non sono mai stato senza pace [per Atlanta]. È stata una squadra straordinaria che non ha vinto per due palloni, io ho accettato questa cosa sportiva". E nel dirlo, lancia pure un messaggio in diretta tv a un altro gigante dello sport italiano, Roberto Baggio: "Dice che non ha pace per aver sbagliato il rigore [a USA 1994], ma anche lui deve essere in pace, perché sono cose che succedono".

La rivoluzione delle donne e l'effetto Parigi 2024 per la pallavolo femminile

È successo, si riparte. Si va avanti e si pensa al pallone che arriverà. Qui e ora, appunto, ma con le giocatrici protagoniste di tutto.

La squadra e non l'allenatore. Il gruppo e non il singolo, come Velasco vuole far capire costantemente, anche ricordando la narrazione sui Fenomeni degli anni '90: "Il Dream Team è quello che ci ha fatto perdere, è stata un'invenzione dei giornalisti".

Lui non si sognerebbe mai di chiamarla così, la sua squadra, anche se in cuor suo sa di aver avuto un gruppo da sogno.

"Ho chiesto loro di essere autonome e autorevoli - svela - hanno fatto tre riunioni da sole, di loro iniziativa. Non so di cosa abbiano parlato, ma è un’espressione chiara di partecipazione, di autonomia".

"Nei gruppi, una gestione molto chiara evita i piccoli conflitti. Non bisogna lasciare che troppe cose le decidano i giocatori perché diventa difficile. L'obiettivo era così importante che le ragazze hanno lasciato perdere piccole cose, se c'erano. Se sì, sono passate in secondo piano".

Un piccolo passo che può valere tanto. Per la pallavolo italiana, affinché "con questa vittoria, possa fare un salto molto grande di popolarità a tutti i livelli", ma anche fuori dal campo per tutto lo sport femminile e non solo.

"Credo che noi stiamo vivendo una rivoluzione silenziosa, nel mondo e in particolare nel mondo occidentale, ed è la rivoluzione delle donne. Ma sull'uguaglianza tra uomini e donne c'è da fare molto. Credo che questi messaggi che dà lo sport debbano servire a quello: i diritti, le opportunità e l'importanza deve essere veramente uguale".

"Io sono padre e nonno di donne, ho un interesse particolare e ci tengo a questo cambiamento".

Imparare da tutte e da tutti, come Velasco: la squadra che ha portato all'oro Olimpico

Opportunità per tutte. E per tutti, perché nella squadra di Velasco non ci sono solo le giocatrici, anche se le protagoniste sono loro.

Lo ricorda ogni volta che può, il coach: "Abbiamo avuto uno staff straordinario, è la squadra che dirige la squadra: Massimo Barbolini, Lorenzo Bernardi, Juan Manuel Cichello, ma anche gli statistici, la dottoressa, i fisioterapisti, team manager… abbiamo lavorato tutti bene. E le ragazze, sono state straordinarie".

Uno staff "dal quale ho imparato - prosegue Velasco - vedevo come facevano le cose e insieme ognuno ha aggiunto all'altro, abbiamo fatto un buon lavoro".

Ma anche loro, va detto, hanno imparato tanto da Velasco. Non solo in questi quattro mesi, perché Lorenzo Bernardi era uno dei Fenomeni già al suo seguito negli anni '90, da giocatore (e che giocatore). Uno che a Parigi 2024 ha ricevuto un regalo di compleanno indimenticabile, nel giorno della finale.

"Io ci ho sempre creduto, come mi ha insegnato Velasco. Quando hai la fortuna di lavorare in gruppi come questo che lo vogliono assorbire a 360 gradi, poi i risultati emergono. Io sono un assistente e non il primo allenatore, ma mi sento gratificato perché partecipe di un progetto".

E come insegna il suo maestro, questo oro non è qualcosa per cui voltare pagina da Atlanta 1996 o da altri momenti del passato, perché "evidentemente questo era il momento".

Il momento era questo. Anzi, era qui ed ora. Per lui, in quella domenica pomeriggio parigina, come per tutte e per tutti.