Elena Curtoni, nell'ultima tappa del quadriennio Olimpico, ha ufficialmente esorcizzato quel periodo nero che l'aveva vista protagonista di una sequela di infortuni. Tra il 2017 e il 2018, prima l'astragalo e il malleolo del piede sinistro, poi menisco e legamenti del ginocchio destro le hanno fatto svanire il sogno della prima partecipazione Olimpica, a PyeongChang 2018.
Il rientro dal recupero è stato un crescendo di conferme, dalla vittoria della discesa libera di Bansko 2020 - la prima in Coppa del Mondo - al trionfo di Cortina, quasi due anni esatti dopo, nel supergigante dello scorso 23 gennaio.
L'ultima italiana a vincere un super-G sull'Olimpia era stata Isolde Kostner, nel 1997. Una vittoria liberatoria per lo sci femminile azzurro, che mancava da 25 anni, purtroppo non pienamente goduta a causa dell'infortunio di Sofia Goggia nella stessa gara, che ha reso quella stessa giornata dolceamara per lo sport azzurro.
Fin qui, Elena Curtoni ringrazia se stessa e sa anche che alle sue compagne di squadra non mancano nè tecnica, nè coraggio, ed è convinta che a Beijing 2022, (passando per Garmisch) dimostreranno di essere il gruppo da battere, non solo in super-G.
Olympics.com: Ciao Elena. Partiamo dalla fine: come ti senti e quanto ti ha caricato la vittoria sull’Olimpia delle Tofane, alla vigilia di Pechino?
È stata una conferma della consapevolezza che ho adesso, perché io parto in super-G sapendo di potermi giocare la vittoria con un buon risultato, sempre. Non voglio comunque crearmi aspettative per le Olimpiadi, perché ho approcciato questa stagione pensando alla sciata e a quello che voglio mettere in pista. Ogni volta che parto dal cancelletto, quest'anno, mi dico "Divertiti, fai quello che sai fare, perché lo sai fare!". Ci sono riuscita, ci sto riuscendo, ed è quello che farò a Pechino.
OC: A chi hai dedicato la vittoria di Cortina?
La vittoria l’ho dedicata a me stessa e a tutte le persone che mi sono state vicine e che hanno veramente creduto in me. Chi lo è stato lo sa, e non sono tantissime quelle che alla fine credono sempre nelle mie capacità, quindi la dedico a loro e a me stessa. Per tutto il lavoro che ci ho messo e i sacrifici che ho fatto.
OC: Quanto pesa l’infortunio di Sofia Goggia in squadra?
L’infortunio di Sofi sicuramente ha toccato un po’ tutte quante. È sempre brutto quando una compagna di squadra si fa male, soprattutto quando succede alle porte di un evento come le Olimpiadi. Io so che lei vorrà esserci a tutti i costi, è una ragazza combattiva e sa cosa deve fare e come deve fare in queste situazioni. Nessuno lo sa meglio di lei.
OC: Tornando a te: trasmetti molto questa gioia di sciare, lo fai sempre sorridendo. È un dono o una cosa su cui hai lavorato?
Alla fine io sono innamorata di questo sport, perché comunque è uno sport che ti dà tanto. Ma è uno sport difficile, quindi se io non avessi questo sentimento, probabilmente non lo farei. È bello sciare, io mi sento libera quando scio, mi diverte per forza di cose, mi viene molto naturale e ricerco un po' questa naturalezza, perché penso che quando le cose diventano troppo macchinose poi non funzionano nel modo migliore, non funzionano così bene. Cerco di rimanere serena e tranquilla e godermi quello che sto facendo perché, alla fine, sono molto fortunata a fare questa vita. Ci metto tanto impegno, faccio tanti sacrifici ma è una fortuna, quindi cerco di dare il massimo e di divertirmi.
OC: Fa effetto, dopo gli infortuni degli anni scorsi, sentirti parlare di “fortuna”…
Eh, sì! Ma, probabilmente, il divertimento che sto provando adesso arriva tanto dalla strada che ho fatto e dal percorso che ho avuto. Non è sempre facile, non è una vita facilissima, ti mette davanti alle sfide e agli infortuni, o comunque a dei momenti non semplici. Però noi lo sappiamo, fa parte del percorso, e io penso che proprio queste esperienze negative siano quelle che ti insegnano di più. O sono quelle che poi ti portano ad affrontare così i momenti in cui si sta bene. Io adesso sto bene ed è per questo che me la sto godendo.
OC: Dalla tua esperienza, adesso che hai alle spalle tante fasi nella tua carriera: quello fisico è davvero l’aspetto più complesso da gestire per un atleta? Tu cosa ne pensi del rapporto con quello mentale?
Io penso che queste due cose vadano a braccetto. Quando non stai bene fisicamente non stai bene psicologicamente, e viceversa, perché comunque l'aspetto psicofisico è completo e totale. E io credo tanto che un infortunio arriva magari nel momento in cui non sei a posto neanche tanto psicologicamente e che il tuo corpo ti sta dicendo qualcosa, che ha bisogno fermarsi. Nel momento in cui tu stai bene fisicamente è più facile stare bene mentalmente: ad alto livello, la testa fa tanta differenza e nel momento in cui tu stai bene fisicamente la testa ti può dare qualcosa in più. Io cerco di non crearmi pressione, vivo giorno per giorno. Si tratta di pensare solo a dove sei in quel momento - che è anche il mio mantra, in generale: "qui e ora".
OC: E oltre al tuo mantra, hai un rituale per la gara?
Non sono particolarmente superstiziosa, anche perché il nostro sport è pieno di imprevisti, ti può davvero capitare qualsiasi cosa e non puoi pensare a cose tipo "come avevi legato i capelli quando ti è successo questo o quello", non è possibile! Però, per entrare nel cerchio della concentrazione, nel mood giusto di gara, ho chiaramente delle cose, dei movimenti, che mi aiutano a concentrarmi nel miglior modo. Ad esempio: io entro da sola nella casetta di partenza, non mi piace avere troppa gente intorno. Però quando mancano circa 30 secondi, al momento di partire, mi giro sempre indietro per vedere se comunque c'è qualcuno e non sono rimasta completamente sola [ride].
OC: Da bambina guardavi le Olimpiadi, avevi qualche idolo Olimpico?
Guardare le Olimpiadi, sia da piccola che da grande, è bellissimo: perché lo sport è tutto raccolto nello stesso posto, ma soprattutto, riesci a vedere sport solitamente più difficili da seguire. Da piccolina chiaramente lo sci lo seguivo, ma facevo anche tanti altri sport e ne guardavo tantissimi alla TV. La mia famiglia è appassionata di sport. Già ero più grande, ma per me [Federica] Pellegrini è un idolo sportivo. Nello sci anche Lindsey Vonn, Deborah Compagnoni, Alberto Tomba... Sono tantissimi gli sportivi a cui ispirarsi. Ed è tutto molto bello, lo sport è fantastico.
OC: Una famiglia di sportivi, una sorella compagna e rivale. Ci racconti la famiglia Curtoni?
Il mio papà è maestro di sci e allenatore. Tanta passione verso lo sci è nata grazie a lui e ce l'ha trasmessa lui. Mia mamma è appassionata di sport, ne praticava da giovane, ma era più verso l'atletica, e poi ha studiato all'ISEF. Da bambine, io e mia sorella abbiamo fatto di tutto, poi io ero una bimba iperattiva, cercavano di occuparmi le giornate e ogni ora avevo qualcosa da fare.
Nuotavo quando ero piccola, ero anche bravina, ma poi mi sono riversata completamente nello sci.
OC: E com’è avere una sorella atleta, come te?
Irene ha sei anni in più di me. Io sono arrivata nel circuito di Coppa del Mondo abbastanza presto, lei un po' dopo rispetto al mio percorso. Mi ha messo sotto la sua ala e mi ha insegnato tante cose. Poi, siamo due caratteri completamente opposti. Quando stavamo in camera insieme, dopo un po' non ne potevamo più perché litigavamo troppo, e a un certo punto hanno deciso che era meglio farci stare con qualcun altro: sprecavamo un sacco di energia e ci stancavamo…in stanza!
Però, è bellissimo condividere questa vita, questo viaggio, con una persona così vicina. È fantastico, perché il nostro è uno sport individuale ma che viviamo in gruppo, però dalla partenza all'arrivo siamo una contro l'altra, io e mia sorella in primis. E ovviamente litigavamo anche su quello [ride].
OC: E invece che rapporti hai con le altre sciatrici?
Io sono molto estroversa, quindi lego abbastanza in fretta con le persone e non sono proprio timida. Mi sono creata tante amicizie negli anni. Però ormai scio da tanto tempo, per cui molte delle mie amicizie hanno smesso di sciare, non le incontro più così spesso. Si creano questi rapporti per cui ti ritrovi prima della gara, se hai un'attesa lunga, a giocare a carte o a berti un tè con loro. Adesso con il covid è più difficile ritrovarsi in questi momenti, ed è un peccato.
OC: A proposito di momenti di svago: sei un’appassionata di arte, di viaggi, ma hai un talento per la pittura e il disegno. Da cosa nasce questa passione e come sei riuscita a coltivarla?
Eh, sono una persona un po' “particolare”, ho una doppia personalità nascosta! Finora ha parlato la sciatrice e invece questa è l'artista [ride]. A parte gli scherzi, è una cosa che ho sostenuto sin da bambina, e mia madre lo diceva sempre: sono un'artista nel mondo dello sci. Quando ero più giovane, mi capitava di sentirmi un po' fuori luogo in certe situazioni, però adesso ho imparato a conviverci e ad accettare questa cosa.
Nel circuito, c'era anche una ragazza americana che disegnava, suonava strumenti, avevamo legato molto ed eravamo molto amiche, Laurenne Ross. Anche lei ha smesso, però è stato bello trovarsi, da pesci fuor d'acqua.
Disegnare è la mia valvola di sfogo. Quando lo faccio mi assento e non esiste il mondo attorno a me. Ora riesco a farlo meno. Se so che sto ferma in un posto per qualche giorno in più, mi porto dei pastelli, un album. Ma quando ogni due giorni cambi albergo e hai così tanta roba - perché lo sci non è uno sport comodo! - non c’è spazio per tutto, quindi mi porto un iPad con la penna e disegno su quello, mi accontento.
OC: Artista preferito o preferita?
Mi piacciono Amedeo Modigliani e Egon Schiele.
OC: La tua città d’arte preferita e un viaggio che vorresti fare?
Qualche anno fa ho camminato per Venezia e ho fatto praticamente qualsiasi calle, non so quanti chilometri possa aver camminato. Quest'anno sono stata a Firenze, ma l'Italia è tutta bella, non saprei scegliere.
All'estero, vorrei andare a Madrid, ne ho sentito parlare tanto e non ho avuto occasione di andarci, però mi piacerebbe molto.
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OC: E nella valigia ideale per Pechino, quali sono le tre cose che non possono mancare?
La serenità; il mio orsetto per dormire - che in realtà è un coniglio -, e il divertimento che, alla fine, è quello che mi contraddistingue.
OC: Come vivi questa cosa di atterrare a Pechino come la squadra da battere in supergigante?
Sì, quest'anno siamo una squadra molto forte in super-G. Io penso che mettiamo in campo tanto della nostra tecnica e del nostro coraggio, perché comunque è una disciplina in cui ci vogliono queste due cose. È molto bello essere parte di una squadra così. E ai Giochi saremo la squadra da battere in questa specialità, ma anche in altre…lo vedremo presto!
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